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Prostituzione ed escort hanno il proprio codice del fisco – Notizie – Ansa.it

    Anche la prostituzione e le attività di escort hanno un proprio codice del fisco, meglio noto come Ateco. E’ quanto risulta dalla nuova classificazione Ateco 2025 sviluppata dall’Istat, in vigore da gennaio e che ha iniziato ad essere utilizzata dall’1 aprile.

    Alla divisione 96, che – spiegava l’Istat nel comunicato sui nuovi codici diffuso a dicembre – “è stata completamente ristrutturata prevedendo nuovi gruppi e nuove classi”, spunta il codice 96.99.92 relativo ai ‘Servizi di incontro ed eventi simili’, che ricomprende: “attività connesse alla vita sociale, ad esempio attività di accompagnatori e di accompagnatrici (escort), di agenzie di incontro e agenzie matrimoniali; fornitura o organizzazione di servizi sessuali, organizzazione di eventi di prostituzione o gestione di locali di prostituzione; organizzazione di incontri e altre attività di speed networking”.

    Il servizi di prostituzione valgono in Italia 4,7 miliardi di euro di consumi. La stima è contenuta nell’ultimo rapporto dell’Istat sull'”Economia non osservata” presentato a fine 2024 ma relativo al 2022 dal quale emerge una crescita, in termini di consumi finali, del 4% sull’anno precedente. Il valore aggiunto dal settore – quindi valido ai fini del calcolo del Pil – è pari a 4 miliardi, in crescita del 4,3%.  

    Che cosa è il codice Ateco

    Il codice Ateco (acronimo di “ATtività ECOnomiche”) è un sistema di classificazione adottato dall’Istat per identificare in modo univoco le attività economiche delle imprese e dei liberi professionisti. 

       Il codice è formato da una combinazione alfa numerica che identifica l’attività economica svolta dall’impresa: le lettere individuano il macro settore economico di appartenenza; i numeri – da due fino a sei cifre – rappresentano invece, con diversi gradi di dettaglio, le specifiche articolazioni e sottocategorie dei settori (come appunto il codice 96.99.92 relativo ai ‘Servizi di incontro ed eventi simili’).
    Dopo diverse revisioni (Ateco 1991, Ateco 2002, Ateco 2007, Ateco 2022), dal primo gennaio 2025 è entrata in vigore Ateco 2025, classificazione che ha iniziato ad essere utilizzata operativamente a partire dallo scorso primo aprile. La classificazione è stata aggiornata in collaborazione con Agenzia delle Entrate, Camere di Commercio, enti, ministeri ed associazioni imprenditoriali interessate. Il processo di revisione coordinato dall’Istat è iniziato nel 2018, rappresenta la versione nazionale della classificazione europea delle attività economiche rappresentando la peculiarità del sistema produttivo nazionale.

       Nelle versioni precedenti, alcuni dei servizi oggi indicati tra quelli ‘di incontro’ venivano classificati sotto la voce ‘Altri servizi alla persona (non classificati)’ usati ad esempio dalle massaggiatrici al codice 96.09.09 oppure sotto l’indicazione ‘Agenzie matrimoniali e d’incontro’ con il codice 96.09.03.

       Il codice Ateco viene fornito a ciascuna impresa all’atto della comunicazione al Registro imprese dell’avvio dell’attività economica e dunque utilizzato in sede di registrazione di una partita Iva.
    La classificazione è stata utilizzata massicciamente durante la pandemia. Nei periodi di lockdown (soprattutto quello del marzo-aprile 2020), il governo ha usato i codici Ateco per stabilire quali attività potevano rimanere aperte a dispetto della chiusura generalizzata delle attività economiche e sociali. Nello stesso periodo, lo Stato ha fatto riferimento agli stessi codici anche per erogare contributi a fondo perduto, crediti d’imposta, bonus affitti ed esoneri contributivi. 

    M5s annuncia un’interrogazione

     “Se confermato, sarebbe grave che il fisco prevedesse nei nuovi codici Ateco l’organizzazione di servizi sessuali. Perché è vero che la prostituzione in Italia non è illegale, ma lo sono tutte le attività di favoreggiamento, sfruttamento e induzione. Esattamente ciò che va a regolarizzare, dal punto di vista fiscale, la nuova classificazione. Un orientamento palesemente in conflitto con le leggi esistenti e sul quale sto depositando un’interrogazione al ministro Urso. Come è possibile che si vada così palesemente in contrasto con le leggi esistenti? Chi lo ha deciso? Stiamo parlando di attività che creano una zona grigia, lasciando spazio a sfruttamento e tratta. Vogliamo delle spiegazioni”, dichiara in una nota la senatrice, Alessandra Maiorino, vicecapogruppo M5S al Senato. 

    L’avvocato: ‘Vietato qualunque sfruttamento della prostituzione’

    “Da molti anni si discute di una riforma delle norme in materia di prostituzione essendo quelle attuali risalenti alla legge Merlin del 1958”, afferma l’avvocata Maddalena Claudia Del Re, penalista ed esperta di diritto di famiglia commentando l’inserimento dei servizi, anche sessuali, tra i codici dell’Istat.

    “Al momento, però, – sottolinea – è vietata qualunque forma di sfruttamento, induzione e favoreggiamento della prostituzione. Il reato è punito con la reclusione fino a sei anni e con la multa fino a 10.329 euro. Le autorità competenti dovranno quindi porre attenzione a non vietare, da un lato, le forme organizzate di prostituzione e, dall’altro, dargli una legittimità amministrativa”.

    Il Codacons: ‘Un corto circuito fiscale’

    La nuova classificazione rischia di essere in contrasto con la normativa italiana, afferma il Codacons.

    “Si tratta di una questione particolarmente spinosa. – spiega il presidente Carlo Rienzi – La prostituzione in se non costituisce reato, se svolta in modo autonomo e su base volontaria, e di conseguenza appare corretto sottoporre a tassazione i proventi di tale attività, come peraltro ribadito dalla Cassazione nel 2011.

    Il nuovo codice Ateco dell’Istat, tuttavia, essendo esteso anche a ‘organizzazione di servizi sessuali’, ‘organizzazione di eventi’ e ‘gestione di locali di prostituzione’, si pone in netto contrasto con la legge italiana che se da un lato non vieta la prostituzione, dall’altro prevede il reato di sfruttamento della prostituzione, inteso anche come partecipazione ai proventi dell’attività di prostituzione (Cassazione del 2018), punito con reclusione da quattro a otto anni e una multa da 5mila a 25mila euro”.

    “Siamo di fronte ad un corto circuito fiscale, con l’Istat che regolarizza tutte le attività legate alla prostituzione, e le leggi in vigore che vietano le stesse attività”, conclude Rienzi.

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